Gen 12

NUOVO MERITO CREDITIZIO DOPO LA CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO

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Si chiama “Composizione della crisi da sovraindebitamento” la procedura prevista dalla legge n. 3/2012 e successive modifiche per consentire la “riabilitazione” del privato o dell’imprenditore non assoggettabile a procedure concorsuali come il fallimento ed il concordato (una porcedura a parte è dedicata al privato considerabile come consumatore).
Si tratta, in sostanza, di un piccolo concordato, le cui caratteristiche principali sono:
– proposizione ai creditori un piano volto alla ristrutturazione del debito (pagamento a stralcio, rateazione, allungamento di eventuali termini già pattuiti) o alla liquidazione del proprio patrimonio;
– l’accordo di ristrutturazione dovrebbe assicurare il regolare pagamento dei crediti impignorabili ai sensi dell’ articolo 545 del codice di procedura civile e delle altre disposizioni contenute in leggi speciali (ad es. crediti per alimenti, crediti da lavoro subordinato, crediti per sussidi e malattia);
– l’accordo può prevedere particolari scadenze e modalità di pagamento dei creditori, anche distinguendo le condizioni offerte sulla base di una suddivisione in classi (ad es.: crediti bancari e crediti fiscali);
– il piano potrà prevedere eventuali garanzie rilasciate per l’adempimento dell’accordo;
– è possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio (ad es. i lavoratori subordinati che vantino crediti verso l’imprenditore non fallibile), pegno o ipoteca (le banche che hanno ipoteca sui suoi beni personali) possono non essere soddisfatti integralmente, ma in questo caso dovrà essere assicurato il pagamento del loro credito in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione dei beni, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato relativo, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile agli stessi (il che vale in particolare per i creditori che vantino ipoteca sugli immobili del debitore);
– il piano può anche prevedere l’affidamento del patrimonio del debitore ad un gestore nominato dal giudice per la sua liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato relativo ai creditori;
– il piano può prevedere la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei crediti futuri;
– competente è il tribunale del luogo di residenza del debitore;
– unitamente alla proposta di accordo devono essere depositati (i) l’elenco di tutti i creditori, con l’indicazione delle somme dovute, (ii) l’elenco di tutti i beni del debitore e (iii) degli eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni, corredati delle (iv) dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni e (v) dell’attestazione sulla fattibilità del piano, nonché (vi) l’elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento del debitore e della sua famiglia, previa (vii) indicazione della composizione del nucleo familiare corredata del (viii) certificato dello stato di famiglia;
– sulla base della richiesta di accordo depositata in tribunale, il Giudice fissa immediatamente con decreto l’udienza per la discussione della proposta, disponendo la comunicazione, almeno trenta giorni prima, ai creditori presso la residenza o la sede legale, anche per telegramma o per lettera raccomandata con avviso di ricevimento o per telefax o per posta elettronica certificata, della proposta e del decreto;
– con il decreto suddetto il Giudce dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione dell’accordo non diventerà definitivo, non possano, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali ne’ disposti sequestri conservativi ne’ acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore; la sospensione non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili citati sopra;
– la proposta deve incontrare il voto favorevole dei creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento (60%) dei crediti complessivi (di regola le banche sono determinanti);
– vale il meccanismo del “silenzio assenso”: in mancanza di voto si ritiene che il creditore abbia prestato consenso alla proposta nei termini in cui gli è stata comunicata;
– i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca dei quali la proposta prevede l’integrale pagamento, non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza e non hanno diritto di esprimersi sulla proposta, salvo che non rinuncino in tutto o in parte al diritto di prelazione;
– l’accordo che abbia raggiunto la maggioranza necessaria viene poi omologato dal giudice, diventando così obbligatorio per tutti i creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità della proposta; i creditori con causa o titolo posteriore non possono procedere esecutivamente sui beni oggetto del piano;
– l’omologazione deve intervenire nel termine di sei mesi dalla presentazione della proposta;
– dell’accordo omologato può essere chiesta la risoluzione da ciascun creditore in caso di inadempimento.

Quanto alle relazioni con il mondo bancario ed agli effetti dell’omologazione sul proprio merito creditizio (c.d. “riabilitazione bancaria”), con Comunicazione dell’11 novembre 2015 Bankitalia ha precisato che in caso di omologa da parte del tribunale, le relative esposizioni debitorie in sofferenza vengano anche classificate nell’ambito della sottocategoria delle esposizioni oggetto di “concessioni deteriorate” (forborne non-performing secondo i criteri EBA).
Vengono dette “forborne” le esposizioni creditizie per le quali siano state concesse modifiche delle condizioni contrattuali o dei rifinanziamenti totali o parziali, a causa delle difficoltà finanziarie del debitore, che potrebbero determinare una perdita per il finanziatore.
Per l’uscita dal “forborne non-performing”, vale quanto specificato all’art. 157 degli ITS EBA: dopo un anno dalla rinegoziazione (e quindi dall’omologa dell’accordo), in presenza di pagamenti regolari ed in assenza di dubbi sulla solvibilità del debitore, un’esposizione “forborne non-performing” può tornare ad essere classificata come “performing” (ossia regolare), pur rimanendo per ulteriori due anni (c.d. probation period) classificata tra le forbearance (ossia fra le concessioni modificative degli accordi di credito iniziali).
Deve quindi trascorrere un periodo pari a un anno (probation period) prima che una determinata esposizione possa uscire dalla classificazione di forborne non-performing (art. 157 lett. b, ITS EBA di ottobre 2013). A tale periodo segue un ulteriore “probation period” della durata di due anni per uscire dalla classificazione di forborne performing (cfr. art.176 lett. b, ITS EBA di ottobre 2013) e tornare con un’attestazione di merito creditizio senza più macchie.