Lug 18

SULL’IMPRENDITORE L’ONERE DI DIMOSTRARE DI NON ESSERE FALLIBILE

Tags:

Ai fini della prova dei requisiti di non fallibilità, i bilanci degli ultimi tre esercizi sono quelli già approvati e depositati nel Registro delle imprese. In difetto, il giudice può motivatamente non tenere conto dei bilanci prodotti, rimanendo l’imprenditore onerato della prova circa la sussistenza dei requisiti della non fallibilità.
E’ quanto deciso dalla Corte di Cassazione, Sezione Prima civile, con l’ordinanza 31 maggio 2017, n. 13746.
Il caso: il Tribunale dichiarava il fallimento di una SRL; la società proponeva reclamo che veniva respinto dalla Corte d’Appello. La società propone ricorso per la cassazione della pronuncia, affidandosi a cinque motivi.
La Suprema Corte, dopo aver affrontato i primi quattro motivi (vertenti su asseriti vizi di notifica e di instaurazione del contraddittorio) che ha ritenuto infondati, esamina il quinto motivo di ricorso, relativo alla pretesa inattendibilità dei bilanci relativi agli ultimi tre esercizi per il loro tardivo deposito presso il Registro delle imprese.
Il Collegio, dopo aver ricordato la fonte degli obblighi di deposito del bilancio e aver osservato che si tratta di un adempimento che assolve ad una funzione meramente informativa, o «conoscitiva», proprio della pubblicità-notizia che, tuttavia, riveste una certa importanza per tutti coloro che vengono a contatto con la società, afferma, in considerazione della particolare accentuazione degli aspetti pubblicistici delle procedure concorsuali, il seguente principio di diritto secondo cui: «i bilanci degli ultimi tre esercizi che l’imprenditore è tenuto a depositare, ai sensi dell’art. 15, comma 4, della L.F., sono quelli approvati e depositati nel registro delle imprese, ai sensi dell’art. 2435 cod. civ.».
Infatti – si legge nell’ordinanza al punto 8.5. – “le ragioni di tutela, anche ai fini concorsuali, di coloro che siano venuti in contatto con l’impresa (potendo aver fatto affidamento sulla fallibilità o meno dell’imprenditore in base ai dati di bilancio), fanno sì che l’esame di siffatti documenti contabili, non depositati o non tempestivamente depositati, possa dar luogo a dubbi circa la loro attendibilità, anche in conseguenza delle tempistiche osservate (o non osservate) nell’esecuzione di tali adempimenti formali, sicchè – in tali casi – il giudice potrà non tenere conto dei bilanci prodotti, di conseguenza rimanendo l’imprenditore diversamente onerato della prova circa la sussistenza dei requisiti della non fallibilità”.
A questo punto, la Cassazione censura al punto 8.6. la decisione della Corte di Appello, che “Nel caso in esame, il giudice di merito, sulla base della mancata prova del tempestivo deposito dei bilanci della società fallita presso il registro delle imprese, ha affermato in linea astratta che il solo fatto della violazione delle norme procedimentali, di per sé, «inficia la capacità (dell’atto) di fornire nel procedimento prefallimentare una prova attendibile dei dati in esso riportati», senza tener conto della concreta violazione addebitabile alla società debitrice”.
E ne precisa la ragione: “In tal modo, tuttavia, esso è pervenuto ad una affermazione (l’inattendibilità dei documenti prescritti dall’art. 15, comma 4, L. Fall.) che, considerata la natura dichiarativa della pubblicità di quegli atti, non appare corretta, perchè è stata compiuta senza l’accertamento concreto della specifica vicenda oggetto di esame…”.
Di conseguenza viene censurato l’operato del giudice di merito nel caso deciso perché “se i dati contenuti nel bilancio non costituiscono una prova legale, come si è detto, neppure si può negare in astratto la loro attendibilità, così come ha fatto il giudice a quo, e ciò sulla base della non risultanza della data del loro deposito nel registro delle imprese, senza uno specifico accertamento ed una conseguente concreta motivazione del perchè egli sia giunto a quella conclusione di inattendibilità”.
Nell’accogliere il motivo di ricorso, la Suprema Corte rinvia alla Corte di Appello in diversa composizione, la quale dovrà riesaminare la questione attenendosi al seguente principio di diritto: «in tema di fallimento, ai fini della prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui all’art. 1, comma 2, della L.F., i bilanci degli ultimi tre esercizi che l’imprenditore è tenuto a depositare, ai sensi dell’art. 15, comma 4, della L.F., sono quelli già approvati e depositati nel registro delle imprese, ai sensi dell’art. 2435 c.c.; sicché, ove difettino tali requisiti, o essi non siano ritualmente osservati, il giudice può motivatamente non tenere conto dei bilanci prodotti, rimanendo l’imprenditore onerato della prova circa la sussistenza dei requisiti della non fallibilità».