Mar 9

CONTRAFFAZIONE DI MARCHIO SU INTERNET

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Interessante sentenza della sezione specializzata delle Imprese del Tribunale di Torino che chiarisce i criteri di determinazione della competenza territoriale nel caso di contraffazione di marchi avuto riferimento in particolare alla realtà della Rete sempre molto complessa in tale specifica materia.
Il caso riguarda una presunta contraffazione di marchi (“Tiffany”, “Tiffany & Co.”, “Colore Blu Tiffany”) da parte di una società che oltre a svolgere attività commerciale presso un proprio negozio, vende prodotti al dettaglio attraverso due siti web e sfrutta, anche a livello promozionale, tutti i canali specifici del web 2.0 (social network, portali on line, ecc.).
Di fronte, quindi, alla richiesta del titolare del marchio di inibire qualunque utilizzo dello stesso, come segno distintivo, denominazione sociale, nome a dominio, nonché in qualsiasi altra forma, anche pubblicitaria o promozionale e di ottenere il sequestro dei prodotti riproducenti il marchio contraffatto, la società resistente tra le diverse eccezioni oppone “in primis” l’incompetenza territoriale del Tribunale di Torino (luogo in cui è stato ordinato e consegnato un prodotto venduto on line) ritenendo, invece, competente il Tribunale della città ove ha sede la stessa società.
Di fronte a tale eccezione il giudicante affronta, quindi, il problema della competenza territoriale alla luce di quanto previsto dall’art. 120 del codice della proprietà industriale. In particolare il 6° comma di tale disposizione fissa un criterio di competenza speciale rispetto ai generali criteri del codice di rito, prevedendo che “le azioni fondate su fatti che si assumono lesivi del diritto dell’attore possono essere proposte anche dinanzi all’autorità giudiziaria dotata di sezione specializzata nella cui circoscrizione i fatti sono stati commessi”.
Nell’esaminare la disposizione l’organo giudicante rileva che il concetto di “commissione del fatto” viene interpretato con larghezza da una parte della giurisprudenza, che lo riferisce non solo al luogo della condotta, ma anche a quello in cui si producono gli effetti pregiudizievoli di tale condotta e, segnatamente, al luogo in cui ha sede il soggetto colpito dall’attività contraffattiva. Ma in particolar modo la regola di competenza speciale prevista dall’art. 120 c.p.i. (in deroga al principio della competenza dei giudici del domicilio del convenuto) trova il suo fondamento nell’esistenza di un collegamento particolarmente stretto tra una data controversia e il luogo individuato da tale regola ed è questa in particolare la chiave di lettura della disposizione che il giudice ritiene decisiva. D’altro canto tale interpretazione è confermata anche dalla Suprema Corte con riferimento alla competenza prevista dall’art. 5 punto 3 del Reg. CE 44/2001 (Cass. S.U. 2700/2013).
In particolare quando si fa riferimento al luogo della condotta (a cui si riferisce testualmente l’articolo 120 parlando di “fatti … commessi”), la ragione della deroga è evidente, perché il luogo in cui sono posti in essere i fatti lesivi è (presuntivamente) quello in cui tali fatti possono più agevolmente essere accertati processualmente. Quando invece ci si riferisce al luogo in cui si è verificato l’evento dannoso, tale concetto deve essere definito in modo coerente con la ratio della norma, e deve essere quindi individuato nel “luogo di elezione” in cui si verifica, in una determinata fattispecie, il danno da contraffazione.
Tali principi vanno tenuti presenti anche per determinare la competenza nel caso in cui l’attività di contraffazione sia posta in essere tramite un sito web. E proprio per questo motivo il Tribunale di Torino ritiene che qualora l’illecito consista in caratteristiche “strutturali” del sito web, realizzato con grafica, colori e altri elementi che violano i diritti di privativa, il criterio di “prossimità alla controversia”, che giustifica l’applicazione della competenza speciale, non può che essere quello del luogo in cui, presuntivamente, è stata posta in essere l’attività di realizzazione del sito (cioè l’inserimento dati). Analogamente, quando l’illecito consista nella messa in vendita, tramite il sito, di prodotti contraffatti, le medesime ragioni inducono a individuare il luogo in cui “i fatti sono stati commessi” in quello in cui avviene l’inserimento sul sito delle offerte di vendita.