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IL CONSIGLIO DI STATO SOSPENDE LA RIFORMA DELLE BANCHE POPOLARI

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Con ordinanza pubblicata il 02 dicembre 2016, la Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha sospeso parzialmente l’efficacia della circolare della Banca d’Italia n. 285 del 17 dicembre 2013 – (Fascicolo “Disposizioni di Vigilanza per le banche”), 9° aggiornamento del giugno 2015, relativamente alle seguenti parti:
1) il paragrafo 2 (Regime di prima applicazione), limitatamente agli ultimi due capoversi (da “Operazioni nella specie” fino a “nella forma dell’influenza dominante”);
2) il paragrafo 3 (Modifiche statutarie delle banche popolari), quinto capoverso, prima alinea, limitatamente alle parole: “limitare o”; “e senza limiti di tempo”; “anche in deroga a disposizioni del codice civile e ad altre norme di legge e”; “e sulla misura della limitazione”;
3) la Parte III, Capitolo 4, Sezione III (“Rimborso degli strumenti di capitale”), “1. Limiti al rimborso di strumenti di capitale”, integralmente per tutto il relativo testo, ma nei limiti in cui tale Sezione III sia da applicarsi alle vicende conseguenti alle trasformazioni delle banche popolari in società per azioni in conseguenza delle suindicate norme del d.l. 24 gennaio 2015, n. 3, convertito in legge 24 marzo 2015, n. 33.
Il Consiglio di Stato ha altresì rinviato per l’ulteriore trattazione della presente fase cautelare incidentale ad una camera di consiglio da fissarsi all’esito della pronuncia della Corte costituzionale sulle questioni di legittimità costituzionale sollevate con separata ordinanza.
La riforma verrà rinviata all’esame della Corte Costituzionale per i profili di parziale incostituzionalità legati alla possibilità di rinviare o sospendere sine die il rimborso del diritto di recesso ai soci nel momento della trasformazione in spa.
Nei fatti, però, la decisione dei giudici amministrativi non ferma la riforma. E questo perchè la gran parte delle banche popolari maggiori, quelle con un patrimonio netto superiore a 8 miliardi, ha già deliberato nei mesi scorsi la trasformazione in spa. E in realtà, anche per quelle che devono ancora completare il percorso, come la Popolare di Sondrio o quella di Bari, la questione non sarà se portare avanti o meno la trasformazione, ma piuttosto quanto potrebbe costare soddisfare le richieste di rimborso legate al recesso.
«In virtù della decisione assunta da Consiglio di Stato – spiega Francesco Saverio Marino, uno dei legali che ha proposto il ricorso – in teoria i soci delle banche che hanno aderito al recesso e non hanno visto soddisfatta la richiesta di rimborso potrebbero fare azione legale per ottenere il pagamento».