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APPROVATA LA LEGGE SUL WHISTLEBLOWING

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Nella seduta di ieri la Camera ha approvato in via definitiva la proposta di legge recante Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato (c.d. whistleblowing), già approvata in precedenza dalla stessa Camera e modificata dal Senato.
La legge (L. 30.11.2017 n. 179, che entrerà in vigore il prossimo 29 dicembre) si compone di tre articoli, ha come obiettivo principale quello di garantire una tutela adeguata ai lavoratori ed amplia la disciplina di cui alla legge Severino.
Ecco, in sintesi, le principali novità.
TUTELA DEL “SUONATORE DI FISCHIETTO” – Le nuove norme modificano l’articolo 54 bis del Testo Unico del Pubblico Impiego stabilendo che il dipendente che segnala al responsabile della prevenzione della corruzione dell’ente o all’Autorità nazionale anticorruzione o ancora all’autorità giudiziaria ordinaria o contabile le condotte illecite o di abuso di cui sia venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto di lavoro, non può essere – per motivi collegati alla segnalazione – soggetto a sanzioni, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto a altre misure organizzative che abbiano un effetto negativo sulle condizioni di lavoro.
REINTEGRAZIONE NEL POSTO DI LAVORO – La nuova disciplina prevede che il dipendente sia reintegrato nel posto di lavoro in caso di licenziamento e che siano nulli tutti gli atti discriminatori o ritorsivi. L’onere di provare che le misure discriminatorie o ritorsive adottate nei confronti del segnalante sono motivate da ragioni estranee alla segnalazione sarà a carico dell’amministrazione.
SANZIONI PER GLI ATTI DISCRIMINATORI – L’Anac, a cui l’interessato o i sindacati comunicano eventuali atti discriminatori, applica all’ente (se responsabile) una sanzione pecuniaria amministrativa da 5.000 a 30.000 euro, fermi restando gli altri profili di responsabilità. Inoltre, l’Anac applica la sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro a carico del responsabile che non effettua le attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute.
SEGRETEZZA DELL’IDENTITA’ DEL DENUNCIANTE – Non potrà, per nessun motivo, essere rivelata l’identità del dipendente che segnala atti discriminatori e, nell’ambito del procedimento penale, la segnalazione sarà coperta nei modi e nei termini di cui all’articolo 329 del codice di procedura penale. La segnalazione e’ sottratta all’accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. L’Anac, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, elaborerà linee guida sulle procedure di presentazione e gestione delle segnalazioni promuovendo anche strumenti di crittografia quanto al contenuto della denuncia e alla relativa documentazione per garantire la riservatezza dell’identità del segnalante.
BLOCCO DELLA TUTELA – Sempre secondo quanto previsto dall’articolo 1 della legge in esame, il dipendente che denuncia atti discriminatori non avrà diritto alla tutela nel caso di condanna del segnalante in sede penale (anche in primo grado) per calunnia, diffamazione o altri reati commessi con la denuncia o quando sia accertata la sua responsabilità civile per dolo o colpa grave.
ESTENSIONE DELLA DISCIPLINA AL SETTORE PRIVATO – Le nuove disposizioni valgono non solo per tutte le amministrazioni pubbliche, inclusi gli enti pubblici economici e quelli di diritto privato sotto controllo pubblico, ma si rivolgono anche a chi lavora in imprese che forniscono beni e servizi alla Pa. Inoltre, secondo quanto previsto dall’articolo 2 della legge, la nuova disciplina allarga anche al settore privato la tutela del dipendente o collaboratore che segnali illeciti o violazioni relative al modello di organizzazione e gestione dell’ente di cui sia venuto a conoscenza per ragioni del suo ufficio.